Terapie “classiche”, complementari e alternative.
“La prevalenza del GSM, la comprensione dei suoi effetti sulle pazienti e la valutazione dei trattamenti sono difficili a causa della mancanza di una chiara definizione di GSM e di misure di esito standard” spiega in un editoriale di commento Stephanie Faubion, del Mayo Clinic Center for Women’s Health di Rochester (Stati Uniti). In questo contesto si collocano i due studi che hanno valutato 1) i trattamenti ormonali e idratanti e 2) le terapie complementari/alternative. Nello studio guidato da Elisheva Danan, della University of Minnesota di Minneapolis, è stata effettuata una revisione della letteratura riuscendo a identificare 46 studi randomizzati e controllati che hanno valutato trattamento estrogenico vaginale (n=22), ormoni non estrogeni (n=16), idratanti vaginali (n=4), o interventi multipli (n=4). In sintesi, le analisi hanno mostrato che gli estrogeni vaginali, il deidroepiandrosterone vaginale (DHEA) vaginale, l’ospemifene orale e gli idratanti vaginali possono tutti migliorare almeno alcuni sintomi della GSM, anche se gli effetti rispetto al placebo sembrano modesti. Non sono emerse prove a sostegno dell’efficacia di testosterone vaginale, ossitocina vaginale, raloxifene o bazedoxifene. Non sono stati segnalati SAE frequenti, ma gli studi erano di breve durata e molti avevano campioni di piccole dimensioni. Lo studio di Kristen Ullman, dell’Health Care System di Minneapolis, e colleghi si è focalizzato invece sulle terapie complementari e alternative, utilizzate – secondo le stime – da circa le metà (47%) delle donne per contrastare i sintomi della menopausa. “Questi prodotti sono considerati più “naturali” e percepiti come più sicuri rispetto alle terapie tradizionali” spiegano gli autori che hanno identificato e descritto 57 studi su 39 diversi interventi. Circa la metà degli studi ha analizzato l’uso dei fitoestrogeni, ma nel complesso, la maggior parte degli studi era di piccole dimensioni, di breve durata, condotto al di fuori degli Stati Uniti e, inoltre, l’eterogeneità era troppo elevata per consentire una sintesi delle prove. “Questi studi documentano quanto poco sappiamo della GSM ed chiaro che c’è ancora molto lavoro da fare per poter giungere a conclusioni definitive che guidino la cura delle pazienti” si legge nell’editoriale.
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